Il dry needling è ora “atto medico”: sono queste le conclusioni a cui è giunto recentemente il Consiglio superiore di Sanità, nel suo parere sulla competenza del fisioterapista all’esecuzione della tecnica del “dry needling”, che prevede l’utilizzo sui muscoli di un ago, che aiuta a combattere contratture e dolori muscolari.
ll Consiglio si era già espresso in materia nel 2013 sulla “Competenza del fisioterapista all’esecuzione della tecnica del dry needling” su richiesta della Direzione generale delle Professioni sanitarie e delle risorse umane del Servizio sanitario nazionale.
In quell’occasione era stato espresso parere non favorevole alla pratica autonoma, da parte del fisioterapista, della tecnica manuale del “dry needling”, ma favorevole all’esecuzione della pratica, da parte del fisioterapista, condizionata alla indicazione medica e all’esecuzione in struttura dove sia presente il medico abilitato e aveva auspicato che nella formazione dei fisioterapisti, così come avviene per altre figure professionali, fossero inclusi corsi di preparazione/specializzazione per l’utilizzo di dispositivi medici e di presidi medici invasivi, compresa la preparazione per riconoscere eventuali complicanze determinate dal loro uso.
Successivamente invece, anche in riferimento ad un caso recente in Italia di un nuotatore professionista con pneumotorace dopo l’applicazione di dry needling da parte di un fisioterapista per il trattamento di una patologia miotensiva della spalla, il parere è stato rivisto ed, in sintesi, afferma che:
“Il Consiglio medesimo si è espresso a Sezioni Congiunte II e V nella seduta del 13 giugno 2017 con il parere allegato ritenendo che “la pratica del Dry Needling, pur con le già riferite limitazioni scientifiche, sia ad esclusivo uso medico chirurgo abilitato all’esercizio della professione ed in possesso di specifica formazione post laurea conseguita con le stesse modalità previste dell’ Accordo Stato Regioni del febbraio 2013, in quanto considerato atto medico”.
La pratica del dry needling secondo il Consiglio superiore di Sanità è quindi da considerare atto medico perché può presentare diverse complicanze, anche gravi ed è quindi necessario “attivare misure di cautela al fine di garantire un massimo livello di protezione della salute”.
Tuttavia, come scrive il comunicato dell’associazione Dry Needling Italia:
“tale presa di posizione da parte del CSS, assolutamente non allineata a gran parte della realtà sanitaria europea a tal riguardo e secondo le indicazioni della WCPT (World Conferderation of Physical Therapist) costola della WHO (World Health Organization), viene alla luce senza aver mai intavolato un vero e approfondito confronto scientifico con la nostra categoria.”.
La questione appare quindi complessa e spinosa, e rimane da chiedersi quali siano i reali motivi che spingono la comunità medica a interpretare in maniera strumentale sia i dati della letteratura che le competenze proprie dei profili professionali garantite da alti livelli di formazione specifica.
Per approfondire: