Spesso ai pazienti che soffrono di dolore lombare viene consigliato di smettere di correre per diminuire il carico sui dischi intervertebrali dato dalla corsa e dall’impatto a terra. Viene consigliata una attività senza impatto a terra, come nuoto o bici, in sostinuzione della corsa, con il risultato che a volte i pazienti smettono del tutto di praticare l’attività fisica preferita entrando in una spirale di maladattamento dovuto all’indebolimento della muscolatura della schiena e che porta all’aumento del dolore stesso.
Quando sento queste affermazioni da parte dei pazienti, mi vien sempre da chiedermi quale sia la base scientifica sulla quale amici, conoscenti e pseudo professionisti del momento si permettano di dispensare consigli senza nemmeno aver fatto una attenta valutazione della persona e del suo problema.
L’approccio dei fisioterapisti, e dei terapisti manuali specialisti OMT, si deve basare non tanto su credenze e dogmi, ma su un attento ragionamento clinico che tenga sempre conto di tre dimensioni fondamentali: clinical expertise, evidence based practice e aspettative del paziente; quindi decidere a priori che la corsa sia dannosa per i dischi solo perchè ‘è ovvio’ non è un approccio corretto.
Quindi la domanda che ci si pone è “ma la corsa è davvero così dannosa per i dischi?”
La risposta prova a darcela un interessante lavoro del 2017 che parte dai presupposti che i tessuti si adattano al carico come descritto da Wolf nel 1982 in merito all’effetto benefico osteogenico del carico sull’osso.Questo adattamento al carico non è stato indagato per il disco intervertebrale (IVD).
Belavý DL, Quittner MJ, Ridgers N, Ling Y, Connell D, Rantalainen T. Running exercise strengthens the intervertebral disc. Sci Rep. 2017 Apr 19;7:45975.
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/28422125
In generale, lo studio afferma quanto segue (Fonte: Fisiobrain)
In questo studio trasversale gli autori hanno ipotizzato la presenza di una qualità tissutale migliore nei runner rispetto ai soggetti non attivi. E’ stato inoltre ipotizzato un effetto dose-dipendente dei diversi volumi di corsa.
Sono stati inclusi soggetti con età compresa tra 25 e 35 anni: soggetti non attivi, runner che correvano distanze comprese tra 20 e 40 km a settimana, runner che correvano oltre 50 km a settimana.
I risultati dello studio hanno mostrato che i runner hanno una maggiore idratazione e un maggior contenuto di glucosaminoglicano rispetto ai soggetti non attivi. Questo effetto è presente in tutti i livelli vertebrali compresi tra T11/T12 e L5/S1. L’effetto della corsa sull’idratazione dei IVD e sul contenuto di glucosaminoglicano è maggiore a livello della regione centrale del nucleo rispetto all’anulus. L’altezza dei IVD, relativa a quella dei copri vertebrali, indice di ipertrofia dei IVD, è maggiore nei runner che percorrono lunghe distanze. Esaminando i singoli livelli vertebrali, questo effetto è presente nei livelli compresi tra L3/L4 e L5/S1. Questi effetti sono presenti in entrambi i sessi, senza differenze statisticamente significative tra maschi e femmine.
Questo studio fornisce la prima evidenza che l’esercizio fisico potrebbe modificare in modo positivo i IVD. L’ipertrofia dei IVD potrebbe rappresentare un adattamento al carico nei runner abituali.
Nella popolazione generale, i IVD della regione lombare sono più frequentemente interessati da fenomeni degenerativi e i carichi ripetuti della colonna sono considerati fattori contribuenti per lo sviluppo di questa degenerazione. Ma, nonostante i carichi ripetuti a cui è sottoposta la colonna durante la corsa, i runner inclusi nello studio non hanno mostrato alcune effetto negativo a livello dei IVD nei segmenti lombari. Di contro, i runner che percorrevano lunghe distanze hanno mostrato segni di una maggiore idratazione e di un contenuto maggiore di glucosaminoglicano nei IVD lombari rispetto ai soggetti non attivi. Inoltre, l’ipertrofia dei IVD conseguente alla corsa abituale era maggiore proprio a livello lombare.
Questi risultati mostrano che il carico assiale ripetitivo sulla colonna durante la corsa potrebbe rappresentare una strategia per migliorare i IVD.
E’ importante considerare le limitazioni di questo studio. Il disegno di questo studio non permette di escludere i fattori confondenti, come le differenze nella funzionalità muscolare, nell’alimentazione e nel sistema ormonale tra i runner e i soggetti inattivi. Sono quindi necessari ulteriori studi per confermare gli adattamenti al carico sui IVD determinati dalla corsa e delineare delle linee guida per “rinforzare” i IVD individuando un carico ottimale.
Sapere che i IVD rispondono a certe tipologie di carico e comprendere quale sia il carico ottimale potrebbe migliorare le strategie per la gestione e la prevenzione della lombalgia
Sebbene lo studio non consenta di determinare una relazione causa-effetto a causa del disegno trasversale, ancora una volta si deve considerare che spesso credenze e dogmi sulle quali si basano interi approcci o metodiche sono in realtà solo speculazioni sul fatto di non avere ancora solide certezze in relazione a un determinato fenomeno.
Meditate gente…. meditate.